Malattia che colpisce le Graminacee in
generale, ma la segale in particolare. ║ Anche l'agente causale della
malattia stessa, un fungo ascomicete della famiglia Clavicipitacee, il cui nome
scientifico è
Claviceps purpurea. La
s.c. deve il suo nome
alla forma a cornetto che assume il fungo quando si trova nello stadio duraturo
di sclerozio. La
Claviceps, infatti, durante la sua evoluzione attraversa
tre forme differenti: una conidiofora (cioè di produzione dei conidi
portatori di infezione), una conservativa o duratura (quella appunto di
sclerozio) e una ascofora (cioè di produzione delle spore). Durante la
primavera, epoca in cui fioriscono la segale e le Graminacee, le spore del fungo
vengono diffuse dal vento e, nel caso ricadano su un fiore, ne attaccano gli
ovari: qui viene prodotto un micelio che, invadendo i tessuti dell'ovario, ne
blocca lo sviluppo. All'esterno si producono ife conidiofore i cui conidi,
staccandosi, cadono in un liquido secreto dal micelio stesso che, essendo
zuccherino, attrae gli insetti i quali, a loro volta, trasportano le ife su
altri fiori contribuendo ad espandere l'infezione. Gli ovari infetti vengono
gradatamente sostituiti dallo sclerozio, struttura voluminosa e consistente, a
forma di cornetto, detta anche
grano speronato o
chiodo segalino,
che rappresenta la forma resistente del parassita: quando infatti la pianta
ospite ha terminato il ciclo vegetativo, gli sclerozi cadono al suolo rimanendo
allo stato quiescente per tutto l'inverno. Nella primavera successiva essi
ricominciano a produrre gli aschi contenenti spore filiformi che, trasportate
dal vento, ripristinano il ciclo infettivo. L'infezione causata dalla
s.c. comporta danni relativamente lievi per quanto riguarda le piante di
segale (o le altre Graminacee colpite da questo parassita); essa è
tuttavia pericolosissima per l'uomo e per il bestiame che si nutre delle
cariossidi segaligne: quando la malattia non viene individuata, infatti, gli
sclerozi ancora presenti sulle piante al momento della mietitura finiscono
macinati insieme alle cariossidi e se, ingeriti, producono avvelenamento.
L'intossicazione (detta
ergotismo) può avere effetti mortali.
L'azione tossica della
s.c. è dovuta agli alcaloidi amminici
contenuti nello sclerozio: alcuni loro derivati, tuttavia, sono assai utilizzati
dalle industrie farmacologiche avendo dimostrato efficacia terapeutica se
assunti in dosi modeste e sotto stretta sorveglianza. L'ergometrina, per
esempio, è stata impiegata in ostetricia per la sua azione uterotonica;
l'ergotammina nel trattamento specifico dell'emicrania; la bromocriptina nel
controllo dei sintomi del morbo di Parkinson e per il trattamento della
iperprolattinemia, per l'effetto inibitorio sulla sintesi di questo ormone
ipofisario; infine la diidroergotossina è utilizzata per il trattamento
dell'ipertensione arteriosa e dell'insufficienza cerebrale senile. Per ottenere
grandi quantità di sclerozi da trattare per uso officinale, in alcuni
Paesi si predispongono coltivazioni di segale
da infettare appositamente
con
s.c.